Hadija Francesca Sanneh ha 26 anni e vive a Brescia. Fin qui pare la storia di una ragazza comune – African Stories desidera coinvolgere sempre donne e uomini dall’ordinaria quotidianità – ma questa giovane ci ha lasciato un po’ attoniti per la sua enorme profondità. Siamo di fronte a una generazione Z globale, appassionata e inclusiva; essa cerca legami e vuole sostenere gli altri per valorizzarli, non solo per mostrarsi. Ragazzi caparbi, tendenzialmente utopisti che vorrebbero fare la cosa giusta e non hanno perso il coraggio di provarci.
Madre italiana, padre senegalese, la famiglia di Hadija Francesca potrebbe risolvere da sola i conflitti religiosi nel mondo. Festeggiano il Natale, praticano il Ramadan. Vanno in Chiesa e a pregare alla Moschea: un microcosmo in cui le religioni si avvicendano, ma non definiscono nessuno. Basti pensare che il suo padrino è shintoista. È come se lo spirito fosse costantemente in viaggio per scoprire l’energia universale che muove tutte le entità. Per farlo necessita di indagare le fondamenta di ogni culto. <<Sono sempre andata alla ricerca di un’identità spirituale, una sintesi fra tutte le culture divine. Ad esempio ho vissuto per un periodo in Brasile dove mi sono avvicinata alla religione Candomblè. È stato un luogo che mi ha aiutato a intendermi>>, racconta Hadija. I suoi viaggi spirituali derivano dal contesto multiculturale in cui è cresciuta. Il papà è arrivato in Italia nel 1972; la mamma si è convertita alla religione islamica prima del matrimonio ma si è sempre posta molti interrogativi esistenziali professando diversi credi. Stessa cosa per le altre 3 sorelle che spaziano dal buddismo all’islamismo, dal cattolicesimo a posizione più fluide come quella di Francesca. In questo periodo, infatti, sta rispettando i precetti del Ramadan. <<Trovo molto bello unirmi alla comunità islamica. Prego con gli altri e percepisco un’energia particolare che si propaga nell’aria>>, dice.
Dopo una laurea in giurisprudenza, oggi la ventiseienne si occupa di traduzioni, insegna lingue (parla inglese, francese, spagnolo e portoghese) e cura progetti di produzione artistica. È un’attivista che combatte contro il razzismo. <<La mia esperienza è curiosa. Verso i 16-17 anni ho compreso di essere nera. All’inizio volevo distaccarmi da questa consapevolezza, poi ho capito che c’era qualcosa che doveva essere reimpostato nella struttura sociale. Addirittura gli altri non mi consideravano ‘nera’ e razzializzavano altri ragazzi e ragazze di nazionalità africana dinanzi a me>> confessa Hadija. Oggi porta avanti a Brescia il “Collettivo Antirazzista Uno” e l’”Afrobrix”: un festival afroeuropeo e sull’afrodiscendenza.
Intervista di Veronica Otranto Godano