È di origine eritrea, ma non sa scrivere in tigrino. Lo parla, però, grazie a una zia che gliel’ha insegnato. Questo perché era giusto arricchire il proprio bagaglio linguistico fatto non solo della lingua natia (in questo caso l’italiano) ma anche della terra che l’ha simbolicamente concepita e che ha plasmato in parte il suo essere. È attrice teatrale e conduttrice, oltre che autrice e doppiatrice. Segni particolari? Tra il 2015 e il 2016 ha vissuto novanta giorni nel deserto di Meroe in Sudan, ai piedi del famoso sito archeologico. Questo è il ritratto dell’eclettica e cosmopolita Taty Rossi, nata “sotto il segno dei pesci”, ma ascolta Sergio Cammariere invece di Antonello Venditti. Anzi, una volta l’ha anche intervistato per “Live Milano”: un magazine, assieme a “La nostra TV”, su cui pubblica articoli, recensioni e interviste ad artisti e personaggi del piccolo e grande schermo.
Taty Rossi è nata in Italia da genitori eritrei che hanno studiato in scuole italiane in Africa e poi attraversato il Mediterraneo per motivi di studio. Ha vissuto a Londra per diverso tempo e nel 2008 si è diplomata al Centro Teatrale Attivo di Milano. Da quel momento ha inanellato una serie di esperienze televisive e teatrali, anche grazie al regista Alfie Nze (che abbiamo avuto il piacere d’intervistare). Oggi vive nel Ticino, ma continua a lavorare su Milano.
Un territorio, quello elvetico, non del tutto semplice in termini d’integrazione in cui la stessa cerca di trascendere stereotipi e pregiudizi – in questo caso doppi (l’italianità e il colore della pelle) – attraverso il suo lavoro artistico e sociale. Da circa 6 anni, infatti, fa la mediatrice culturale per i richiedenti asilo eritrei tramite una no-profit. “Mi capita spesso di tradurre storie tragiche”, racconta. È, in aggiunta, la co-fondatrice dell’associazione Lumina che si prefigge l’obiettivo di unire l’arte a tematiche di forte impatto sociale. Come il nuovo spettacolo teatrale “Le tre porte”: una storia che mira a lottare contro il razzismo promosso sia dalla sua associazione che dal Centro per la prevenzione delle discriminazioni del Canton Ticino.
Si tratta di uno spettacolo proposto alle scuole a cui segue un laboratorio sul linguaggio inclusivo. Fondamentale, in un’epoca in cui si tende a etichettare gli altri. L’alterità inizia a far paura dalle scuole elementari, di conseguenza bisogna insegnare a bambine e bambini che la vera forza non sta nella ghettizzazione. Taty è una delle protagoniste dello spettacolo, una a cui da piccola chiesero da dove venisse veramente e se avesse almeno un genitore bianco, visto che parlava bene l’italiano. Anche gli altri attori hanno origini diverse tra loro, a riprova del fatto che la vera ricchezza sta nella diversità culturale. “Mi auguro che siano in primis gli stessi giovani a rendersi conto di cosa voglia dire parlare 2 lingue, possedere 2 identità. Non è così scontato accettarsi, soprattutto da piccoli. La consapevolezza del proprio valore aggiunto arriva quando si è più adulti”, conclude Taty.
Articolo di Veronica Otranto Godano